In Pesci Barocchi l’immagine non è mai sola: è custodita, trattenuta, quasi imprigionata da cornici antiche, dorate, ornate, che non svolgono una funzione accessoria ma diventano dispositivo narrativo. Le cornici — spesso eccessive, cariche, teatrali — evocano l’iconografia sacra, il ritratto devozionale, la natura morta seicentesca. Dentro, però, non c’è gloria né trionfo: ci sono pesci.

Pesci isolati, scheletrici, duplicati, in fuga o in silenziosa processione. Corpi semplici, arcaici, sospesi su fondi saturi di blu, rossi profondi, neri assoluti. Il contrasto è netto: alla monumentalità della cornice risponde la fragilità del soggetto; alla retorica del barocco, una narrazione minima, quasi infantile, ma carica di ambiguità.

Qui il pesce diventa emblema: creatura muta, simbolo cristologico, resto archeologico, alimento, reliquia. A volte è scheletro, a volte coppia simmetrica, a volte branco disordinato. Il tempo sembra essersi stratificato: quello sacro della cornice, quello pittorico della citazione storica, quello contemporaneo del segno volutamente imperfetto.

Le cornici non proteggono l’immagine: la espongono. La elevano a icona, ma allo stesso tempo ne denunciano l’assurdità, il vuoto, la distanza. Pesci Barocchi è una serie che lavora sullo scarto — tra forma e contenuto, tra sacro e quotidiano, tra decorazione e perdita — trasformando ogni opera in un piccolo altare ironico e malinconico, dove ciò che resta è solo un corpo che galleggia nel tempo.

pesci barocchi

opere

-

opere -